Musica da camera

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Musica da camera

James Joyce


Pubblicato nel 1907, “Musica da camera” raccoglie trentasei poesie giovanili di James Joyce. L’opera è stata apprezzata soprattutto come esercizio di stile, per la musicalità e l’eleganza formale che la traduzione di Andrea Carloni celebra rispettando il ritmo, gli aspetti metrici e le rime degli originali. Le immagini naturalistiche di alberi fioriti, cieli stellati, brezze gentili prendono forma al continuo richiamo di suoni, canti, pianoforti. Se da un lato omaggiano i contenuti della maniera lirica elisabettiana, dall’altro queste composizioni avviano un incessante lavoro di ricerca sul linguaggio, motore compositivo joyciano la cui espressione resterà costantemente scandita dalla ciclicità, dal ritmo, dalla musicalità. Postfazione di Enrico Terrinoni.

JAMES JOYCE

ames era il primogenito di una numerosa famiglia della buona società irlandese, di forte tradizione cattolica e nazionalista che lo iscrisse nei migliori collegi cattolici della città.
Poi le condizioni della famiglia andarono peggiorando, fino ad arrivare a uno stato di assoluta povertà dopo la morte della madre (1903).
L’educazione gesuitica influenzò la sua formazione, tanto da provocare in lui una temporanea vocazione sacerdotale, presto abbandonata.
Dopo la pubblicazione dei primi lavori letterari, ancora all’università, conobbe Yeats ed ebbe uno scambio epistolare con Ibsen.
Dopo la laurea, spinto dal vago proposito di studiare medicina alla Sorbona, trascorse un breve periodo a Parigi, dove approfondì anche le sue nozioni di scienze naturali; fra i suoi interessi principal rimaneva comunque la letteratura.
Ritornato a Dublino, lavorò per un periodo come insegnante privato e nel 1904 sposò Nora Barnacle (che gli rimase accanto tutta la vita, dandogli due figli, Giorgio e Lucia). Dopodiché lasciò definitivamente l’Irlanda.
Trasferitosi prima a Pola e, l’anno seguente, a Trieste – dove rimase (salvo una breve parentesi romana fra il 1906 e il 1907) fino al 1915 – insegnò sempre alla Berlitz e in altri istituti. Nel frattempo nasceva l’amicizia con Italo Svevo. La guerra lo costrinse a lasciare Trieste per Zurigo, dove soggiornò fino alla fine del conflitto entrando in contatto con Pound e intrecciando molte amicizie.
Nel 1920 si trasferì a Parigi, dove rimase vent’anni, frequentando Valéry-Larbaud, Aragon, Eluard, Th.S. Eliot, Hemingway, Fitzgerald, Beckett. Lì nel 1922 pubblica Ulysses, grazie al rapporto di stima con Sylvia Beach, fondatrice della libreria-editrice Shakespeare and Company, importantissimo luogo di aggregazione culturale parigino.
Nella vita personale fu importante la salute della figlia Lucia. Fu per curare lei che nel 1934 ebbe un incontro con C.G. Jung, grazie al quale approfondì le sue conoscenze sulla psicologia del profondo. Lasciata la Francia a causa della guerra imminente, si stabilì nuovamente a Zurigo, dove morì il 13 gennaio 1941 praticamente cieco a causa di una malattia degli occhi che lo aveva accompagnato per tutta la vita.
Ricordiamo le opere: The Holy Office, 1904; Musica da camera (Chamber Music, 1907); Gas from a Burner, 1912; Gente di Dublino (Dubliners, 1914); Dedalus (A Portrait of the Artist as a Young Man, 1917); Esuli (Exiles, 1918, unica opera teatrale); Ulisse (Ulysses, 1922); Poesie da un soldo (Pomes Penyeach, 1927; Collected Poems, 1936; La veglia di Finnegan (Finnegans Wake, 1939); Stephen Hero, 1944; Letters, Vol. 1, 1957; Vol, 2-3, 1966; Critical Writings, 1959; Giacomo Joyce, 1968; Selected Letters, 1975.

Il Sole 24 Ore

Il Piccolo

 

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