Odio fare conferenze

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Gertrude Stein
Odio fare conferenze
Conferenze americane
Scritte tra la seconda metà degli anni Venti e i primi anni Trenta, e lette durante una tournée americana, queste conferenze appartengono a un periodo in cui Gertrude Stein si dedica prevalentemente a libri di memorie. Pur nella loro integrità teorica, questi testi si snodano lungo il filo del ricordo e possono essere letti come un’autobiografia letteraria, un testamento estetico a quell’America che l’autrice tornava a visitare dopo il lungo esilio europeo. «Le pagine di Stein», ha scritto il poeta William Carlos Wlliams, «sono come gli Stati Uniti visti da un aereo: le stesse ripetizioni d’insensatezza, le stesse infinite moltiplicazioni di parole senza tono». Lo scopo fondamentale di queste letture era liberare l’arte della parola dalla schiavitù dello scorrere del tempo, e fare di una pagina un quadro, una forma, una «composizione », in modo che essa si ripresentasse alla memoria come un tutto unitario, fuso e compatto.

 

Gertrude Stein
(Allegheny, 1874 – Neuilly-sur-Seine, 1946) Nata in una ricca famiglia di origine ebraico-tedesca, dopo essersi laureata in Lettere a Harvard si trasferì a Parigi, dove entrò in contatto con l’avanguardia artistica di Braque, Picasso, Matisse. Alle loro teorie si ispirò per una nuova concezione dell’arte narrativa, tesa a rendere – mediante una tecnica affi ne a quella cubista – il fl usso immediato della vita. Furono ospiti della sua casa molti scrittori americani espatriati (Hemingway, O’Neill, Anderson) cui la Stein diede la fortunata defi nizione di «generazione perduta». Tra le sue opere ricordiamo Tre esistenze (1909) e Autobiografi a di Alice Toklas (1933).

 

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