Alternative per il socialismo vol. 61

 

Fausto Bertinotti
Alternative per il socialismo
Fare l’inchiesta
ottobre, novembre, dicembre 2020 numero 58
La scelta strategica delle classi dirigenti europee è quella di fronteggiare la crisi e avviare la ripresa attraverso una modernizzazione senza riforma sociale e con quell’industrializzazione dell’ecologia compatibile con l’impresa e col mercato, ma soprattutto senza riforma sociale. Perciò i popoli restano esclusi da un qualsiasi processo decisionale e sono consegnati a una nuova condizione di sudditanza. In essa i cittadini dovrebbero prendere la forma contemporanea di sudditi tecnologici. Ma restano troppi segni e troppi di nuovo se ne vengono formando che mettono a rischio, o almeno lo potrebbero, l’ordine capitalistico che si viene costituendo in risposta alla crisi. Molte, fino a ieri, sono state nel mondo le rivolte che hanno scosso interi paesi. Anche in Italia, pur in un panorama assai difficile, emergono proteste, rabbie, conflitti, anche inediti conflitti di lavoro. Il problema che si pone dinnanzi al capitalismo finanziario globale è come si possa governare senza il consenso popolare. L’Europa politica da tempo ha rinunciato a costruire un ordine costituzionale e si è formata in un assetto ademocratico. La sua costituzione materiale ha coniugato, in un lungo ciclo politico, le politiche antipopolari di austerity con una centralizzazione decisionale nella pratica di governo intergovernativo. Per altro, quando ha tentato la via della verifica di un consenso popolare su un trattato che adottava una Costituzione per l’Europa, ha fallito, grazie al voto negativo in Francia e nei Paesi Bassi. In Francia, in particolare, la grande mobilitazione popolare che si realizzò nel 2005 si alimentò anche dell’opposizione nei confronti della famigerata direttiva Bolkestein. Questa costruzione organicamente ademocratica ha affiancato i poderosi processi involutivi che hanno investito, seppure diversamente, i diversi paesi europei. Le crisi, ultima quella pandemica, hanno offerto un’occasione, in assenza di una potenza democratica in campo, per un ulteriore passo verso nuove forme di autoritarismo. L’Italia sembra assumere, in questo processo, una funzione di laboratorio con l’avvento di un governo compiutamente, o quasi, tecnico-oligarchico. Il fallimento della politica istituzionale nella fase precedente, la morte della politica che si era ancora dovuto constatare, ne hanno costituito i prodromi.
 
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