Alamut

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Vladimir Bartol
Alamut
La fortezza
«Nulla è vero, tutto è permesso» è la sconcertante legge di Hasan Ibn Sabbah, Capo Supremo della setta ismailita degli Assassini, una legge che annulla tutte le altre, nel nome della fede cieca e delle armi. Alla fine dell’Undicesimo secolo, la fortezza di Alamut è la base e il rifugio degli Assassini, impegnati nella guerra totale contro la dinastia sunnita dei Selgiuchidi, padroni dell’Iran. Qui vengono portati i giovani Halima e Tahir e qui avviene la loro formazione: la sapienza erotica per Halima, la guerra per Tahir, la filosofia e la religione per entrambi. Ma sopra ogni cosa l’obbedienza assoluta al signore della setta, l’annullamento della propria volontà individuale, il sacrificio di sé in vista del premio finale, un Paradiso di cui solo Ha­san, un dio terrestre, detiene le chiavi. Libro maestoso e inquieto, opera visionaria che cela la propria densità nelle vesti di perfetto romanzo storico, Alamut è anche un’enciclopedia della sapienza e della follia umane, un luogo di metafore e profezie, e, infine, la storia di due giovani che si confrontano con un mondo minaccioso e subdolo, che ne userà le paure e i desideri profondi.

 

Vladimir Bartol
(Trieste, 1903 – Lubiana, 1967) Nato nella Trieste austroungarica, si trasferì in Francia, dove si laureò in Psicologia alla Sor­bona. Fu tra i primi a diffondere le tesi di Freud in una lingua slava. Visse gli anni successivi tra Belgrado e Lubiana fino allo scoppio della guerra, quando si unì alla resistenza slovena contro l’occupazione nazista. Dopo la guerra tornò a Trieste, dove visse per un decennio, per rientrare poi a Lubiana come membro associato della Accademia Slovena delle Scienze e delle Arti (Sazu). Morì senza avere il tempo di assistere all’enorme successo internazionale del suo romanzo Alamut, che sarà più volte ristampato.

 

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