Quando il mondo quantistico diventa visibile
di Giuseppe Mussardo, autore di “Dio gioca a dadi con il mondo” e direttore della collana QBit
C’è un’immagine che gli studenti di fisica imparano presto a conoscere: una pallina che rotola su un piano inclinato costellato di buche, quello che si dice un “potenziale a lavagna inclinata”. È una metafora classica per descrivere il comportamento di una particella in un sistema quantistico. Ma il 2025 segna un passo ulteriore e inatteso: ciò che per decenni è stato soltanto un disegno sulla lavagna è diventato ora una realtà osservabile, tangibile, finalmente concreta.
Il Premio Nobel per la Fisica 2025 è andato a John Clarke, Michel Devoret e John Martinis per aver mostrato che le proprietà più bizzarre della meccanica quantistica – il tunnelling e la quantizzazione dell’energia – non appartengono solo al regno dell’infinitamente piccolo. Infatti, con un esperimento ingegnoso e raffinato, questi tre fisici hanno mostrato che un circuito elettrico, grande abbastanza da stare nel palmo della mano, può in certi casi comportarsi come un singolo atomo. La chiave della scoperta risiede nel fenomeno della superconduttività. A temperature prossime allo zero assoluto, gli elettroni in alcuni materiali smettono di agitarsi individualmente e si uniscono in coppie – le famose coppie di Cooper – muovendosi all’unisono come un’unica onda collettiva. Due superconduttori separati da un sottile strato isolante formano una giunzione di Josephson, un dispositivo capace di far passare corrente senza alcuna resistenza.
Nel laboratorio di Berkeley, a metà degli anni Ottanta, Clarke, Devoret e Martinis trasformarono questo minuscolo componente in un vero e proprio teatro quantistico su scala macroscopica. Applicarono una corrente debolissima e osservarono che, per un lungo intervallo di tempo, il circuito rimaneva in uno stato senza tensione: come se un interruttore fosse bloccato su “off”. Poi, improvvisamente, la tensione appariva, come se il sistema avesse deciso di attraverso una barriera invisibile. Era la prima osservazione diretta dell’effetto tunnel quantistico ma su scala macroscopica, quando cioè un intero sistema collettivo attraversa magicamente una barriera di potentiale sovvertendo i canoni della fisica classica.
Ma il risultato più sorprendente arrivò poco dopo. Irradiando il circuito con microonde, i tre fisici scoprirono infatti che esso assorbiva energia solo in quantità discrete, come se fosse un gigantesco atomo. L’energia del Sistema non cresceva in modo continuo, ma a salti quantizzati: era la firma inequivocabile del mondo quantistico. In poche parole, un oggetto fatto di miliardi di elettroni si comportava come se fosse un’unica particella.
Da allora, quella scoperta ha segnato l’inizio di una nuova era. I circuiti superconduttori – gli stessi che Clarke, Devoret e Martinis usarono nel loro esperimento – sono diventati la base dei qubit dei computer quantistici. Martinis stesso, anni dopo, li avrebbe portati nei laboratori di Google, fino alla soglia della cosiddetta supremazia quantistica. In definitiva, quello che un tempo era solo un paradosso filosofico – il celebre gatto di Schrödinger, sospeso tra la vita e la morte – è oggi diventato un fatto sperimentale. Non c’è più bisogno di un gatto né di un veleno: basta un circuito superconduttore per vedere la coesistenza di due stati macroscopici, l’uno “spento”, l’altro “acceso”.
Come scrisse Anthony Leggett, teorico e padre spirituale di questi esperimenti, “un sistema grande abbastanza da toccarlo con le dita può ancora obbedire alle leggi del mondo quantistico”. È questa la lezione del Nobel 2025: che il confine tra il micro e il macro non è più una barriera, ma un ponte. E che, a volte, la meccanica quantistica, lungi dall’essere bizzarra, è semplicemente più versatile di quanto avessimo mai potuto immaginare.
Pubblicato il: 08 Ott 2025