Fine di una banda

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Veniamin Aleksandrovic? Kaverin
Fine di una banda
Questa storia orbita nei più bassi strati della criminalità pietroburghese degli anni Venti, tra covi, linguaggi in codice, imprese folli e sempre perdenti. Non manca una certa storia d’amore, che vede coinvolti un detenuto politico, un capobanda distratto e una stenografa qualunque. Ha tutta l’aria di un libro d’azione, ma il mondo raccontato è umbratile e paradossale; i personaggi sono finzioni, emblemi privi di una qualsiasi consistenza corporea. Le loro azioni sono surreali, mal congegnate, equivoche. Eppure, cominciata la lettura, è impossibile fermarsi. Dietro una prova di scrittura magistrale che sembra sfruttare in una grande parodia tutta la materia disponibile nella letteratura russa degli anni d’oro, non è difficile intravedere l’inquietante enigma che incombe sull’architettura sovietica dei primi anni dopo la rivoluzione, tra la resistenza delle tradizioni morenti e l’emergere di una nuova, incerta, ma già inarrestabile tenebra.

 

Veniamin Aleksandrovic? Kaverin
Pseudonimo di Veniamin Aleksandrovic Zil’ber, è stato uno scrittore sovietico membro e fondatore dei Fratelli di Serapione – che, guidati da Evgenij Zamjatin, teorizzavano una letteratura libera dall’impegno sociale, vicina ad alcune posizioni dei formalisti russi. Pubblicò la sua prima opera nel 1923, una raccolta di racconti dal titolo Maestri e apprendisti, e divenne noto soprattutto per il romanzo I due Capitani (1938-40). Giudicato d’ispirazione troppo mistica dal Partito Comunista, e da questo apertamente osteggiato, Kaverin restò per tutto l’arco della sua attività letteraria alla ricerca di forme espressive nuove e irregolari.

 

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