Filottete

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Benjamin Fondane, a cura di Alvise Masto
Filottete

Come ogni mito, anche quello di Filottete è così ricco e sfaccettato che molti autori del Novecento – da André Gide a Heiner Müller – vi hanno potuto attingere e trovare il paragone che mette alla prova diverse idee di umanità. Tra queste interpretazioni, emerge inedita quella di Benjamin Fondane, che di fronte al dolore dell’eroe – tradito ed emarginato dai suoi compagni -, al suo carattere misterioso e imperscrutabile, sembra volerci interrogare a proposito di un male che non può essere definito in termini etici, spiegato attraverso gli schemi del pensiero speculativo, ma è piuttosto un male assoluto, profondamente inciso nella coscienza dell’uomo moderno. Il dramma di Filottete, umano e filosofico insieme, diventa così il dramma dell’individuo che si scontra con l’assurdità della sofferenza e scopre in essa l’enigma dello stare al mondo: l’insondabilità del reale.

BENJAMIN FONDANE
(Ia?i, 1898 – Auschwitz-Birkenau, 1944)
Nato Benjamin Wechsler, è stato filosofo, poeta e drammaturgo. Formatosi a Bucarest, nel 1923 si trasferisce a Parigi, dove conduce una ricerca risolutamente personale. Condivide con il maestro Šestov l’idea di un superamento del razionalismo occidentale. Ebreo, sfugge per due volte alla prigionia durante l’invasione nazista, ma viene infine deportato ad Auschwitz. Tra le sue opere disponibili in lingua italiana: Baudelaire e l’esperienza dell’abisso (2013), Il lunedì esistenziale e la domenica della
Storia
(2014), la raccolta poetica Ulisse (2014). Per Castelvecchi è uscito Rimbaud la canaglia (2020).

Una vita vale più di una ragione, il sangue vale più di un teorema; che vale la verità, la più pura, la più inquietante, dinanzi a una goccia di sangue?


 

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