Dubitare fa bene?

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Ágnes Heller
Dubitare fa bene?
La filosofia comincia con il dubbio, scriveva Kierkegaard. Nell’antichità gli scettici fecero del dubitare il fulcro della lotta contro la dogmatica, e nell’età moderna Cartesio pone il dubbio al cuore dell’esistenza dell’uomo. Di una cosa, però, tutti costoro non dubitano: che l’atto del dubitare equivalga al pensiero. Spesso, nel corso della Storia, i filosofi hanno scorto nel dubbio il fondamento di un sapere indubitabile. Ágnes Heller ripercorre le tappe di questo paradosso e si pone una domanda che riguarda la vita di noi tutti: dubitare fa bene? Se è vero, infatti, che la completa assenza di dubbio (circa il mondo, le proprie convinzioni, se stessi o gli altri) impedisce il dialogo e l’incontro con l’altro da sé, è anche vero che la vita stessa sarebbe impossibile se si dubitasse di tutto. Fino a che punto è doveroso esercitare l’arte del dubbio? Possiamo dubitare di noi, delle nostre emozioni, dei nostri sentimenti?

 

Ágnes Heller
(Budapest, 12 maggio 1929) Filosofa ungherese, si salva dalla persecuzione degli ebrei e nel secondo dopoguerra diventa allieva e poi assistente di György Lukács. Esponente di rilievo della Scuola di Budapest, nel 1968 è costretta a lasciare l’Istituto di Sociologia dell’Accademia delle Scienze in seguito alle critiche mosse pubblicamente all’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Nel 1978 accetta un incarico presso l’università di Melbourne (Australia) per assumere poi la cattedra di Hannah Arendt a New York. Nota in Occidente come la teorica dei «bisogni radicali e della rivoluzione della vita quotidiana», è oggi considerata una delle più significative filosofe viventi. Dell’Autrice Castelvecchi ha già pubblicato Breve storia della mia filosofia (2016), La memoria autobiografica, Teoria dei sentimenti, Solo se sono libera, La dignità dell’opera d’arte e Paradosso Europa (2017).

 

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