Alternative per il socialismo vol. 54

 

Fausto Bertinotti
Alternative per il socialismo
Il regno dell’incertezza
giugno, luglio, agosto 2019 numero 54
(…) La più generale crisi della democrazia ha preso, nella Ue, la forma e la sostanza di un assetto oligarchico a presidio di un’organizzazione sociale in continua ristrutturazione sotto gli impulsi generati da un capitalismo finanziario che incorpora la crisi economica come componente decisiva della sua affermazione e della sua capacità di innovazione. Il risultato nella società civile è il potente e drammatico aumento della disuguaglianza, la produzione sistemica di quel che è stato definito lo “scarto” e che investe direttamente l’umano. La crisi sociale si espande e diventa una vera e propria crisi di civiltà, la crisi della civiltà europea. La politica istituzionale, condannatasi all’impotenza, vi galleggia sopra. Le stesse formazioni populiste e, in particolare, quelle di destra e reazionarie che, in quel quadro e con l’uscita di scena della sinistra politica, hanno guadagnato postazioni decisive negli esecutivi, sul terreno istituzionale entrano nel gioco che lo governa, col duplice effetto di condizionare e di essere condizionati. Il loro pericoloso fucile cambia di spalla e si trasferisce nel campo sempre più cruciale dell’egemonia culturale, della formazione del senso comune, mentre si presidia il sottogoverno assurto a potere politico. (…) persino le lotte più avanzate, più anticipatrici di futuro, da quelle degli addetti alle consegne, ai lavoratori di Amazon, a quelle della logistica, financo a quella straordinaria di Stradella, restano casi; casi preziosi, importanti per quel che possono annunciare ma, nella concreta prassi sociale, non hanno ancora una tendenza sociopolitica a cui si lavori già significativamente. Il processo contrario richiederebbe, sul terreno politico-sociale, sul terreno della creazione di nuove istituzioni democratiche di società, la messa in opera di una relazione sociale durevole, quale quella che spontaneamente e temporaneamente dà luogo alla rivolta. Non si tratta di sognare un’impossibile unificazione delle diverse forme e soggettività che la rivolta rende, al momento in cui si produce, protagoniste. Si tratta di pensare, cercare, realizzare la coalizione sociale per un’alternativa di società. (…) Perciò la rivolta è la denuncia della responsabilità della politica e, in particolare, di quella della sinistra e, insieme, il rifiuto di una logica economica che essa ha considerato irresistibile. Nel vuoto di una politica contro il sistema e nella crisi della democrazia rappresentativa, è la rivolta che si pone all’altezza della sfida, pur non sapendo ancora come risolverla compiutamente e perciò cercando e ricercandone ancora la via. Ma è proprio la nuova natura della contesa quella che soffia nelle vele della rivolta se è vero, come credo lo sia, che al di là del problema, pure gravissimo, degli alti livelli di disoccupazione giovanile, non siamo più nell’ordine dei conflitti economici e sociali, ma in quello della contraddizione tra i diritti umani fondamentali e la violenza del profitto capitalista sopra ogni altra finalità del sistema sociale. Forse è per questo che l’Economist ha scritto che il socialismo è tornato di moda ed è nato il “socialismo dei millennials”.
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